Edilizia & superbonus: il motore silenzioso della crescita siciliana

I numeri parlano chiaro: la Sicilia è la regione italiana che cresciuta di più dal periodo pre-Covid. Allo stesso tempo, studi specifici indicano che il settore delle costruzioni è stato uno dei principali driver di questo risultato.
E qui entra in gioco il meccanismo dei bonus edilizi — su tutti il famoso Superbonus 110 % — che ha generato investimenti ingenti, nuovi cantieri, movimentato lavoro e filiere produttive.

Quindi, dietro l’apparente “succcesso” dell’economia siciliana c’è una forte dipendenza da politiche di incentivo edilizio. Politiche che, va detto, sono state spesso al centro di scandali, sospetti di frodi, e critiche — tanto che la destra politica e mediatica le aveva dipinte come un privilegio per pochi o addirittura come fonte di distorsione del mercato.

Eppure oggi, con Schifani alla guida della Regione, vediamo un curioso inversione: ciò che veniva condannato come “bonus edilizi gonfiati” viene ora cavalcato come strumento-salvezza per territori in difficoltà, quasi un “reddito per chi non ce la fa”.


Il paradosso del “bonus che salva”

Da una parte: edilizia che riaccende attività, occupazione, filiere. Dall’altra: residuati di un modello che ha finito per privilegiare chi possiede immobili e può investire.
E ancora: misure pensate come stimolo temporaneo sono diventate motore strutturale — il che comporta rischi: dipendenza e vulnerabilità da un solo settore, scarsità di diversificazione.

Il paradosso è evidente: l’erezione della “crescita siciliana” come merito dell’amministrazione regionale rischia di dimenticare che la stessa è costruita su – consentitemi il termine – “venti alti” del passato edilizio incentivato.
E oggi, quando queste misure rischiano di esaurirsi o di cambiare, ci si affida a esse come se fossero ancora un sostegno sociale per chi è in difficoltà — un “reddito edilizio” più che un vero piano di sviluppo.


Quale prospettiva per la Sicilia?

Se davvero vogliamo che la Sicilia non resti “motorizzata” solo dall’edilizia e dal bonus, serve che:

  1. Si investi anche e soprattutto nella diversificazione economica (manifattura, digitale, turismo sostenibile).

  2. Le risorse del bonus siano legate a transizione reale (edilizia sostenibile, rigenerazione urbana, non solo “ristrutturare per vendere”).

  3. Si evitino i rischi di mercato “gonfiato” e bolle speculative — in un’isola che ha ancora uno dei più bassi PIL pro capite in Italia.

In conclusione: celebrare la crescita della Sicilia ha senso — ma non se la si inscrive in un racconto privo di critica su come è stata costruita. Qui, l’edilizia è stata l’asse portante; ora serve che l’economia si regga su più gambe.
E il rischio è che, se si affida tutto a “nuovi bonus”, si ripeta la storia: boom veloce, poi fragilità.

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