Mentre in Toscana il suicidio assistito è regolamentato per legge, in Sicilia il disegno di legge sul fine vita attende ancora di essere discusso. Attualmente, in Italia non esiste una normativa nazionale specifica, ma la morte assistita è legalmente consentita dal 2019 in seguito alla sentenza n. 242 della Corte costituzionale. In assenza di una legge statale, la regolamentazione del percorso resta affidata alle Regioni.
In Sicilia, il Partito Democratico ha presentato un disegno di legge a maggio 2023, ma il provvedimento non è ancora stato calendarizzato per la discussione in sesta commissione dell’Assemblea Regionale Siciliana. «Ho già chiesto che venga esaminato il prima possibile», ha dichiarato a MeridioNews il deputato Giovanni Burtone, primo firmatario della proposta.
Secondo i dati dell’associazione Luca Coscioni, nel solo 2023, circa 130 persone residenti in Sicilia hanno chiesto informazioni sull’accesso al suicidio medicalmente assistito. «È un numero significativo, probabilmente sottostimato, considerando che chi contatta il numero bianco può restare anonimo», ha spiegato Maurizio Vaccaro, coordinatore della cellula etnea dell’associazione.
Attualmente, il quadro normativo permette ai pazienti con patologie irreversibili di sospendere i trattamenti di sostegno vitale, optando per la sedazione profonda. Tuttavia, si tratta di un processo lungo e doloroso. Il disegno di legge presentato dal PD mira a garantire una procedura più rapida e indolore, permettendo ai pazienti di autosomministrarsi il farmaco letale sia in ospedale che a domicilio.
La proposta ha suscitato divisioni politiche. Decio Terrana, coordinatore siciliano dell’Udc, ha espresso preoccupazione per il rischio che la normativa «induca le persone più vulnerabili a sentirsi obbligate a scegliere il suicidio assistito». Burtone ha replicato affermando che «non ci sarà alcun obbligo per nessuno, ma solo la possibilità di scegliere un percorso alternativo nel rispetto della volontà individuale».
Il ddl prevede l’istituzione di una commissione medica multidisciplinare che, entro dieci giorni dalla richiesta, verifichi la sussistenza dei requisiti per accedere alla procedura. L’obiettivo è garantire supporto, assistenza e mezzi necessari attraverso il Servizio Sanitario Regionale.
«Si tratta di diritti fondamentali che in un Paese civile non dovrebbero essere oggetto di lunghe battaglie politiche», ha concluso Vaccaro, sottolineando la necessità di un intervento legislativo per evitare che i pazienti siano costretti a ricorrere ai tribunali per far valere le proprie volontà.