La Sicilia senza archeologi: nessuno dei 14 Parchi archeologici è diretto da un esperto del settore

La Sicilia è la regione dei Parchi archeologici, ma — paradossalmente — non è una regione per archeologi.
Nonostante l’Isola custodisca alcuni dei siti più importanti del Mediterraneo e possa contare su 14 Parchi archeologici istituiti in tutto il territorio, nessuno di essi è oggi diretto da un archeologo.

Il dato emerge con forza da un’analisi sulle nomine dei direttori e sulla composizione dei Comitati tecnico-scientifici, che evidenzia come, nella gestione del patrimonio culturale siciliano, gli esperti del settore siano quasi del tutto assenti.

 

Architetti, agronomi e politologi al posto degli archeologi

L’elenco è lungo e sorprendente.
Il Parco della Valle dei Templi di Agrigento, il più grande d’Europa con i suoi 1.300 ettari e simbolo mondiale della classicità, è diretto da un architetto.
Architetti anche alla guida dei Parchi archeologici di Leontinoi e Megara, Segesta, Siracusa, Tindari, Morgantina e Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, Himera-Solunto-Iato, Kamarina e Cava d’Ispica e Naxos-Taormina.

Anche il Parco di Lilibeo, a Marsala, ha una direttrice con laurea in architettura, mentre al Parco delle Isole Eolie la direzione è affidata a un architetto con un corso di perfezionamento in sicurezza sul lavoro.

Non mancano altri profili anomali: a Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria la direzione è in mano a un laureato in Scienze agrarie, mentre a Catania e Valle dell’Aci il direttore ha una laurea nello stesso settore, ma con indirizzo produzione vegetale.
A Gela, infine, il Parco è diretto da un laureato in Scienze politiche, indirizzo internazionale.

Risultato: nessuno dei 14 direttori dei Parchi archeologici siciliani è un archeologo. Nel 2021 erano solo quattro — oggi non ne è rimasto nemmeno uno.

 

Comitati tecnico-scientifici senza archeologi

Il problema non riguarda solo le direzioni. Anche nei Comitati tecnico-scientifici dei Parchi — organi che dovrebbero garantire la qualità delle scelte culturali e gestionali — gli archeologi scarseggiano o mancano del tutto.

Questi comitati, presieduti dal soprintendente per i Beni culturali e ambientali e composti dai sindaci dei comuni interessati e da esperti designati dall’assessore e dagli enti locali, non includono alcun archeologo nei casi di Gela, Valle dei Templi, Selinunte, Segesta e Catania-Valle dell’Aci.

 

Carenze di personale e allarmi inascoltati

Alla mancanza di figure specialistiche ai vertici si aggiunge un altro nodo: la grave carenza di personale archeologico nelle soprintendenze e nei parchi, denunciata più volte dalle organizzazioni di categoria.

Già nel dicembre 2022 la Confederazione Italiana Archeologi aveva segnalato la situazione di inadeguatezza della dotazione organica del personale, ribadita poi nel settembre scorso da Italia Nostra, che ha parlato di un “sistema fragile e sottodimensionato” incapace di garantire una tutela efficace dei beni archeologici.

 

L’archeologia senza archeologi

Il risultato è una Sicilia che continua a essere culla della civiltà mediterranea ma che, nella gestione del suo immenso patrimonio, sembra dimenticare chi di quel patrimonio dovrebbe occuparsi per competenza e formazione.
Un paradosso che rischia di indebolire la tutela e la valorizzazione dei siti, trasformando la grande tradizione archeologica dell’isola in “un’archeologia senza archeologi”.

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