“Agrigento ha un potenziale straordinario, ma serve una visione condivisa”: intervista a Gaia Messina, giovane laureata che ha dedicato la sua tesi alla Capitale della Cultura 2025

Ha 25 anni, è agrigentina, e ha scelto di dedicare la sua tesi di laurea magistrale alla città in cui è nata.
Gaia Messina, laureata in Trade & Consumer Marketing all’Università di Parma, ha discusso un elaborato dal titolo “Strategie di Place Branding per la promozione dei territori: il caso di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025”.
Un lavoro che, partendo dall’analisi delle strategie di comunicazione e posizionamento territoriale, si trasforma anche in una riflessione sul futuro della città e sul ruolo dei giovani nella sua valorizzazione.

«Inizialmente – racconta – come molti avevo intenzione di emigrare al nord e trovare lavoro in azienda. Poi ho scelto di restare. Oggi lavoro nel settore turistico e gestisco due strutture ricettive nel centro di Agrigento. Credo che qui ci sia ancora molto da fare, ma anche tanto da costruire.»

L’abbiamo intervistata:

Perché hai scelto di dedicare la tua tesi ad Agrigento Capitale della Cultura?

«L’idea è nata perché la nomina di Agrigento mi è sembrata un’occasione preziosa, sia per comprendere come i territori possano raccontarsi e valorizzarsi attraverso il place branding, sia perché credo che la cultura non debba essere considerata semplicemente un patrimonio da tutelare, ma una leva strategica di sviluppo.»

In parole semplici, cos’è il place branding e perché oggi è così importante?

«È uno strumento di marketing che serve a costruire e comunicare l’identità territoriale. In un mercato sempre più competitivo, i luoghi e le destinazioni trovano grande vantaggio nel crearsi un’immagine chiara, condivisa e riconoscibile. Non si tratta solo di promozione turistica, ma di dare un’anima al territorio.»

Cosa è emerso dall’analisi che hai condotto su Agrigento?

«Ho realizzato un’analisi SWOT, che mette in evidenza punti di forza, debolezze, opportunità e minacce.
Il punto di forza più grande è sicuramente il nostro patrimonio culturale, storico e archeologico. Ma non solo: vantiamo un basso costo della vita, una forte cultura mediterranea e una posizione geografica invidiabile. Tuttavia, questi punti di forza vengono ridimensionati dalle debolezze strutturali e organizzative.»

Hai studiato anche altri casi di Capitali italiane della Cultura. Cosa hai imparato da loro?

«Sì, ho analizzato Palermo 2018, Parma 2020-2021, Procida 2022 e Bergamo-Brescia 2023. Da questi casi ho tratto buone pratiche e spunti di riflessione.
Il caso più vicino ad Agrigento è Palermo, che ha puntato sulla rigenerazione urbana e sull’inclusione multiculturale. Due dimensioni che da noi, purtroppo, sono mancate.»

Come valuti la strategia comunicativa di Agrigento 2025?

«Credo che la comunicazione non sia stata gestita al meglio: è stata tardiva e dispersiva.
Agrigento, prima ancora di comunicare, dovrebbe definire un’identità chiara e un posizionamento coerente. A mio avviso, la città dovrebbe collocarsi a metà tra passaggio e scoperta, cercando di favorire la permanenza del visitatore.»

E se avessi potuto gestirla tu, cosa avresti fatto diversamente?

«Avrei puntato di più sulla digitalizzazione, su una comunicazione omnicanale e su campagne integrate capaci di coinvolgere cittadini e visitatori.
Serve un messaggio più chiaro, coerente e partecipativo. La promozione di un territorio non può essere calata dall’alto: deve nascere dal basso, dalle persone.»

Cosa ti ha lasciato questa esperienza di ricerca?

«Mi ha fatto capire quanto il nostro patrimonio sia invidiabile e quanto potenziale ci sia ancora da valorizzare.
Ma anche che la partecipazione è fondamentale: bisogna costruire una narrazione unitaria della città che raccolga tutte le voci.»

Qual è, secondo te, il ruolo dei giovani in questo percorso di valorizzazione?

«Credo che ognuno di noi abbia una responsabilità verso il proprio territorio: partecipare, contribuire, impegnarsi secondo le proprie possibilità.
I giovani possono essere un motore di innovazione, creare opportunità e co-costruire il futuro della città. Ma devono sentirsi parte di un progetto reale.»

E tu, adesso, che progetti hai?

«Lavoro nel settore turistico e spero di crescere in questo ambito.
Vorrei continuare a contribuire alla promozione della mia città, con professionalità e passione. Perché Agrigento, se riesce a crederci davvero, può diventare un modello di bellezza e accoglienza.»

Una riflessione finale

Nel racconto di Gaia Messina si coglie la delusione per un’occasione, quella di Agrigento 2025, che non ha ancora saputo esprimere il proprio potenziale, ma anche la speranza che da questo momento possa nascere una visione più matura e condivisa.
Una visione in cui la cultura non sia solo un’etichetta celebrativa, ma una leva viva di identità e sviluppo, costruita da chi — come Gaia — ha scelto di restare.

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