Scoperte pistole, fucili e munizioni in un deposito clandestino. I Ris al lavoro sulle prove
Un fabbricato rurale trasformato in un vero e proprio bunker sotterraneo. È lì che la polizia, durante un’operazione condotta a metà luglio, ha rinvenuto un arsenale impressionante: pistole, fucili, revolver modificati, caricatori e persino ottiche di precisione. Tutto accuratamente sigillato in bidoni metallici e nascosto nel terreno.
Secondo gli inquirenti, la responsabilità di quel deposito sarebbe da ricondurre a Domenico e Rosario Cusumano, padre e figlio originari di Licata. Entrambi sono stati fermati insieme ad altre due persone nell’ambito del blitz, e difesi ora dall’avvocato Santo Lucia.
Non si tratta, però, di un semplice sequestro di armi. Le cimici e le telecamere nascoste dalla Squadra mobile hanno registrato conversazioni che aprono scenari ben più ampi: richieste di pistole in vendita a oltre mille euro, trattative per la riparazione di armi difettose, contatti con potenziali clienti. Insomma, una rete commerciale parallela pronta a soddisfare richieste illecite.
Per chiarire se le armi siano già state utilizzate in episodi criminali, la procura di Agrigento ha incaricato i Ris di Messina di eseguire accertamenti tecnici. Le conclusioni, attese nei prossimi mesi, potrebbero diventare un tassello decisivo di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
Gli investigatori non escludono, infatti, che il materiale sequestrato sia soltanto una parte di un sistema organizzato, collegato al traffico di droga e a episodi di intimidazione sul territorio. L’impressione è che l’operazione di luglio abbia soltanto scalfito la superficie di una vicenda destinata a riservare ulteriori sviluppi.