Con l’avvicinarsi dei referendum primaverili, il Governo ha confermato che non ci sarà un provvedimento per permettere ai fuorisede di votare nel luogo in cui studiano o lavorano. Il Ministro Piantedosi ha sottolineato l’assenza di una copertura legislativa, ma questa decisione solleva alcuni interrogativi importanti.
Gli studenti e i lavoratori fuorisede sono circa 600.000, un numero significativo che non può essere ignorato. Seppure il sistema di voto per le Europee del 2024 non abbia ottenuto un grande successo (solo 17.000 su 23.000 registrati hanno votato), la questione è più ampia. Il diritto di partecipare alla vita democratica non può essere limitato dalla distanza. In altri Paesi europei, il voto a distanza è una realtà consolidata, eppure l’Italia resta un’eccezione.
Quale timore c’è nel permettere ai fuorisede di votare nel luogo in cui risiedono per motivi di studio o lavoro?
Se la partecipazione al voto è un diritto, ogni cittadino deve avere la possibilità di esercitarlo, senza ostacoli burocratici. Questa situazione solleva una domanda importante: quale timore c’è nel permettere ai fuorisede di votare nel luogo in cui risiedono per motivi di studio o lavoro? La risposta non per tutti è semplice, ma per molti può essere scontata. L’unica cosa certa è che garantire il diritto di voto a tutti i cittadini, ovunque si trovino, dovrebbe essere una priorità per una democrazia davvero inclusiva.